Pebble ha fatto uno smartwatch rotondo, che venderà a $249. È (secondo me) piuttosto bello, sia per hardware che OS.

Lo considererei, come alternativa economica e un po’ dumb all’Apple Watch. Il problema principale del Pebble — che ho riscontrato frequentemente — è legato alla compatibilità con Apple: mentre l’Apple Watch può comunicare con l’iPhone senza problemi, Pebble può svolgere un numero limitato di cose (per via dei limiti imposti da Apple su iOS).

Perché non prenderò un Pebble Time

Jason Snell:

Non è che in questi due anni il Pebble non mi sia piaciuto. E non è nemmeno che non mi piaccia la nuova UI del Pebble Time — anzi, credo sia piuttosto bella. No, non comprerò un Pebble perché ho un iPhone.

Al contrario degli altri smartwatch basati su Android Wear, il Pebble ha sempre dichiarato compatibilità con iOS — e questo varrà anche per il Pebble Time. Ma negli ultimi due anni come utente Pebble, una cosa mi è risultata decisamente chiara: la relazione fra Pebble e iOS è irta di difficoltà. Ho dovuto smanettare infinite volte nel Notification Center perché le notifiche giuste arrivassero sullo smartwatch, e dal rilascio di iOS 8 mi accorgo che spesso il mio Pebble perde silenziosamente la connessione con l’iPhone — anche se l’applicazione dice che è connesso, in realtà non mi arriva alcuna notifica.

Per le medesime ragioni di Jason, non ho finanziato la campagna su Kickstarter per il nuovo Pebble Time, né penso di acquistarlo in futuro. Sono utente Pebble da poco più di un anno, e per quanto ne apprezzi molti degli aspetti — mi piace il display e-paper, soprattutto mi piacerebbe quello nuovo a colori; la durata della batteria e pure l’aspetto geek e economico — il modo in cui comunica con il mio iPhone lascia a desiderare. La situazione descritta da Jason corrisponde esattamente alla mia, e temo a quella di qualsiasi altro utente Pebble + iOS.

Molte delle volte semplicemente non è connesso all’iPhone. Smette di ricevere notifiche, o le applicazioni smettono di essere in grado di prendere dati dalla rete. Ricorrevo al Pebble per controllare il tempo d’attesa del bus alla fermata, ma è un uso che ho mantenuto per poco: una mattina su tre, prima di ottenere l’informazione, dovevo ri-estrarre l’iPhone dalla tasca e riconnettere i due assieme. A quel punto facevo prima ad aprire direttamente Citymapper su iPhone.

Questa situazione non è colpa di Pebble ma dei limiti imposti da iOS, che l’Apple Watch ovviamente potrà aggirare. Pebble non riuscirà mai ad avere la stessa integrazione con iOS, né a livello di sistema né — altrettanto importante e necessario — con le applicazioni installate su iPhone. Al contrario, le applicazioni dell’Apple Watch saranno in grado di attingere senza problemi dal loro corrispettivo per iPhone. In queste ore è uscita la notizia che Launch Center Pro arriverà su Apple Watch. Solamente quello, e tramite esso la possibilità di avviare azioni sull’iPhone dall’Apple Watch, mi renderebbero l’Apple Watch più utile di quanto il Pebble non mi sia mai stato.

Non che il Pebble faccia schifo — come dicevo all’inizio, ne sono un utente soddisfatto. È un’alternativa valida e a buon mercato, ma — se non altro su iPhone, a causa di iOS e Apple – non particolarmente smart, limitata nelle possibilità da iOS che lo rende sia non particolarmente affidabile, sia ne rende le applicazioni meno interessanti.

Pebble ha presentato un nuovo Pebble, in pre-ordine su Kickstarter a $159 (il prezzo di vendita finale sarà $199) e con display e-paper a colori. Il design ricorda un Tamagotchi, come scrive The Verge, e secondo me riesce a rispettare la natura del primo modello: uno smartwatch semplice, economico e dal design non ricercato, ma giocoso.

Uso il Pebble da un anno, e l’unico modo in cui può, forse, avere un briciolo di possibilità di sopravviere all’Apple Watch è posizionandosi come alternativa economica, e quasi dumb, all’Apple Watch. Siamo su un altro livello — il nuovo OS non mi dispiace, ma l’interazione, animazioni e semplicemente le capacità dell’orologio sono molto limitate in confronto a un Apple Watch.

The Verge ha stilato una lista, le 11 cose che abbiamo scoperto sull’Apple Watch dal rilascio di WatchKit, il tool che permette agli sviluppatori di creare applicazioni per l’Apple Watch. Appare evidente che almeno a questa prima iterazione il device sarà — quasi sempre — totalmente dipendente dall’iPhone:

In Apple’s own words, Watch apps extend iOS apps. “You begin your Watch app development with your existing iOS app, which must support iPhone.” That’s in part because Watch apps’ processing power is all coming from the iPhone. Apple says that “as the wearer interacts with the Watch App, Apple Watch and iPhone pass information back and forth. Taps and other messages from Apple Watch cause code in your WatchKit Extension [e.g. iPhone] to execute.”

Another key phrase from Apple’s documentation: “A Watch app complements your iOS app; it does not replace it. If you measure interactions with your iOS app in minutes, you can expect interactions with your Watch app to be measured in seconds.” The lone exceptions right now are dates, times, and timers, which do not need to call back to your iPhone.

Altra scoperta interessante: le applicazioni dovranno essere responsive, ovvero adattare il loro layout a differenti schermi, in automatico. Il che potrebbe farci supporre che Apple abbia intenzione (o comunque valuti) di introdurre nuove e diverse dimensioni dello schermo, in una futura versione del prodotto.

Google ha rivelato (è un’anteprima, per sviluppatori) Android Wear, una versione di Android creata apposta per i wearable device (smartwatch), capace di indovinare e anticipare quello di cui l’utente ha bisogno attraverso diversi sensori, in grado di raccogliere informazioni sempre grazie a questi, e la cui sorgente principale di input dall’utente è audio:

Small, powerful devices, worn on the body. Useful information when you need it most. Intelligent answers to spoken questions. Tools to help reach fitness goals. Your key to a multiscreen world.

Io nel frattempo ho un Pebble con schermo in bianco e nero e totalmente dipendente da uno smartphone per il suo funzionamento.

Il concept di uno smartwatch dall’aspetto molto tradizionale

Gábor Balogh ha immaginato uno smartwatch che rispetta il design classico e elegante dell’orologio che tutti conosciamo ma riesce anche ad integrare, senza stravolgimenti estetici, alcune funzioni smart.

Un mese con Pebble

Ho un Pebble da più di un mese. Non si è rivelato utilissimo e potrei farne facilmente a meno, però: mi piace. Mi piace più per quello che potrebbe fare, potenzialmente, che per quello che fa, effettivamente. Mi piace anche esteticamente[1. L’alternativa è il Pebble Steel, l’altro Pebble che viene venduto come il modello elegante. In realtà sembra una copia mal riuscita di un orologio classico. Brutto.], ma io sono quella persona che ha avuto una calcolatrice al polso per anni. Il problema dell’hardware per me non è estetico ma di qualità: non dà l’idea che ci sia stata cura nel mettere insieme i pezzi, che inoltre sembrano economici, e il risultato finale è un orologio che pare assemblato in un garage da dei ragazzi. Avete presente la sensazione che dà un prodotto Apple, di essere stato levigato con attenzione maniacale in ogni dettaglio? Bene, la sensazione opposta. E non è perché è di plastica.

La batteria dura meno del dichiarato, nel mio caso arriva a cinque giorni. Comunque, un buon risultato[2. Certo, se non avessi dovuto attendere l’arrivo di un altro cavo USB per caricarlo (l’originale era difettoso) sarebbe stato meglio]. Ha dei bottoni laterali (uno a sinistra, tre a destra) piuttosto duri da premere che servono a tutto; dal navigare nel menù all’utilizzare le applicazioni interne. Quello a sinistra è per tornare indietro, quelli a destra rispettivamente: i due laterali per spostarsi, quello centrale per selezionare. Lo schermo non è multi-touch, e per queste due ragioni — schermo e sistema di navigazione — l’orologio non è comodissimo da utilizzare. È lo stesso problema dell’iPod e della clickwheel — non so con quale soluzione se ne sarebbero potuti uscire ma so che hanno optato per dei bottoni, ovvero per la soluzione più pigra.

Lo schermo — estremamente sensibile ai graffi — è in bianco e nero, retroilluminato. Scuotendo il polso, in maniera vigorosa, si attiva la retroilluminazione. Con lo stesso movimento per nulla naturale e piuttosto stancante dovrebbe essere possibile, in futuro, eliminare la notifica più recente. L’orologio si collega all’iPhone con bluetooth e riceve i dati da esso. La schermata iniziale del Pebble è ovviamente l’orologio, data e ora; da lì premendo il bottone centrale si passa al menù (con le applicazioni), mentre premendo i due laterali si cambia watchface. Watchface significa “grafica dell’orologio“, ovvero il modo in cui l’ora viene mostrata. Gli utenti ne hanno create tantissime, e a volte ho la sensazione che sia stata data troppa importanza a queste. Divertenti, per nulla utili. Sono una distrazione: un po’ come gli utenti Android si divertono a cambiare la grafica del loro telefono, chi ha un Pebble ha opzioni illimitate per visualizzare l’ora: analogica, digitale, con Super Mario sullo sfondo, o — perché no — pure con Steve Jobs. I due bottoni laterali permettono — dalla schermata iniziale — di passare da una grafica all’altra, da una watchface all’altra. Rapido, facile. Per aprire un’applicazione, invece, prima occorre premere il bottone centrale per andare al menù, poi scorrere la lista delle applicazioni e per concludere premere di nuovo quello centrale, per finalmente aprirne una. Eppure una volta che ho scelto la grafica del mio orologio, probabilmente la terrò così per diverso tempo: sarebbe più comodo se i bottoni laterali scorressero le applicazioni, invece delle watchface, e offrissero un accesso rapido a queste. Se lo smartwatch non si rivela più veloce del telefono, allora tanto vale usarlo.

Scopo principale del Pebble è ricevere le notifiche, e per quelle funziona egregiamente. In tutti i casi il Pebble segnala un evento vibrando, senza emettere alcun suono[3. Io penso che un bip leggero — di nuovo, stile orologi Casio — avrebbero potuto offrirlo]. I messaggi vengono mostrati con mittente e anteprima degli stessi, e spesso contengono quadrati vuoti dato che il Pebble non supporta le emoji (assurdo)[4. Aggiungo: sarebbe carino se venisse segnalata la presenza di una immagine, al momento si limitano a non visualizzarla. Basterebbe ci fosse un’icona che indicasse che il messaggio contiene un’immagine]. Le stock app sono tre watchface che sarebbe piacevole poter rimuovere, un’applicazione per comandare la musica (cambiare canzone, mettere in pausa, ma non modificare il volume per qualche ridicolo motivo), una che funziona da archivio delle notifiche più recenti (per rileggerle) e una sveglia. L’utente può installarne fino a un massimo di 8, prima di finire la memoria del Pebble. Non molte. Queste non possono essere troppo pesanti e quindi richiedono nel 90% dei casi una connessione al telefono per funzionare. Nei momento in cui non l’avete con voi il Pebble è essenzialmente un orologio. Ci sono limiti fastidiosi, come il numero massimo di 8 applicazioni, lo storage interno molto ridicolo (1024KB) e l’assenza del multitasking più blando. Per capirci: se uscite dall’applicazione per i timer, i timer si bloccano. Uguale se uscite dal contapassi: ciò rende impossibile l’utilizzo del Pebble come Fitbit, nonostante possieda l’hardware necessario. Un’applicazione (Morpheuz) offre anche una sveglia intelligente stile Jawbone UP, ma di nuovo occorre lasciarla aperta tutta notte. Un vero peccato, dato che avrebbero potuto essere dei buoni punti di vendita.

Pebble Cards

La gestione del Pebble avviene da iOS, con un’apposita applicazione — lenta e, sospetto, non nativa — dalla quale si configura e si ha poi accesso all’App Store. Ho utilizzato:

  • L’applicazione di Foursquare, che rende facile e immediato effettuare un check-in.
  • Mentre ero a Londra quella della TFL, fornisce a ogni fermata del bus il tempo di attesa e i mezzi in arrivo.
  • Multi Timer, utile mentre si cucina — per impostare svariati timer.
  • Pebble Cards, affianca all’ora piccoli pezzi di informazione, come meteo e notizie.
  • Authenticator, genera i codici temporanei per l’accesso a Gmail, Dropbox e gli altri servizi che offrono l’autenticazione in due passaggi.
  • Un client di Twitter, Twebble, dal quale leggere la timeline e comporre tweet (con i tre bottoni!)

Di utile, ricapitolando: Foursquare, Timer, Authenticator, notifiche. Ci sono anche svariati giochi, ovviamente semplici come quelli del Nokia di vent’anni fa (snake). Il mio preferito è un clone di Flappy Bird, addirittura più frustrante dell’originale. Mi piacerebbe ci fosse un’applicazione per Simplenote o capace di accedere alla mia cartella di Dropbox con le note testuali (in .txt), in modo da poterle scorrere rapidamente. Mi piacerebbe che Trenitalia avesse un’applicazione — come è stata fatta per le ferrovie inglesi — che mi informasse sui treni in partenza da una stazione e sul binario in cui si trovano. Mi piacerebbe ci fosse l’integrazione con IFTTT di cui si era parlato ai tempi della campagna su Kickstarter, ma di cui non si è saputo più nulla[5. Ad esempio: se premi bottone centrale fai x, se premi bottone in basso fai y, etc…].

Pebble Authenticator Bottoni Pebble

Ci sono applicazioni che richiedono a loro volta applicazioni per funzionare. È il caso di PebbleCam, che se avviata su iPhone e orologio permette di scattare foto con il primo dal secondo, o di PebbleGPS, che mostra una mappa in bianco e nero molto vaga e le direzioni; non è perfetta ma può essere utile in bici. Fra le più popolari c’è Smartwatch+, che permette — fra le altre cose — di visualizzare il calendario di iOS sull’orologio. Purtroppo il difetto di queste è legato alla natura del multitasking di iOS: le applicazioni restano aperte (su iOS), in background, per solo un’ora prima di venire chiuse, quindi la loro controparte su Pebble smetterà presto di ricevere dati. Spesso vi sarà necessario avviarle di nuovo dal telefono per poterle usare: già che ce l’avete in mano tanto vale che usiate direttamente questo.

È un po’ complesso. È da geek. Non serve a molto. Però mi piace. Prima che l’iPhone esistesse, io ero un grande fan del mio Zire. Lo Zire era un palmare di Palm — il modello più economico. Non è che potesse fare molto, e non è che infatti ci facessi molto, a parte tenere un calendario e scrivere appunti. Quel palmare non poteva collegarsi a Internet, l’App Store era un negozio fisico (nel senso che l’applicazione stava dentro una scatola in un negozio: bisognava uscire di casa) ed era molto frustrante anche solo inviare una mail. Comprai una scheda WiFi esterna affinché avesse il WiFi, ma non fu mai molto utile a causa dello stato del browser interno. Ricevere le mail era un casino. Nonostante gli usi fossero limitati, se ne intravedevano le potenzialità. Ed erano più queste a farmi piacere l’oggetto che le sue capacità effettive. Lo so che è strano, ma è così: avevo quel palmare, e pensavo alle cose che avrei potuto farci se qualcuno ne avesse fatta una versione più intelligente. Poi un giorno arrivò Apple che con l’iPhone realizzò quel palmare che avrei voluto lo Zire fosse. In un giorno, risolse tutti i limiti e lo liberò dalle complessità.

Questo smartwatch è un po’ come quel palmare. Io credo che le persone dietro al Pebble abbiano avuto delle intuizioni ma al tempo stesso non abbiano curato i dettagli. Questo smartwatch è smart nella stessa misura in cui lo erano gli smartphone prima dell’iPhone. È un prodotto per geek, disegnato da geek e che funziona in modo un po’ geek. Ma ci sono casi in cui si è rivelato utile, e per questo credo che uno smartwatch progettato correttamente anche nei dettagli abbia un senso.

Pebble costa $150 (circa 110 euro), si compra dal sito ufficiale.

Stephen Hackett ha recensito il Pebble:

The Pebble is like the Model A. When people looked at the Model A, some realized it was the future, and that one day, everyone would drive one. Others thought Henry Ford was off his rocker and that his invention was a one-off that wouldn’t ever go anywhere.

(Dove sta l’utilità di uno smartwatch)

Kyle Baxter si è unito all’elenco di persone che desiderano un iWatch, immaginando che Apple potrebbe decidere di promuoverlo più come un accessorio per iPhone (che come device a sé stante), non fondamentale ma che ne migliora l’uso:

Perhaps that’s the right path to take. Rather than bill it as a new device, Apple can sell it wholly as anaccessory, something that isn’t necessary but makes the iPhone better. From there, Apple can develop it until it’s something that can largely stand on its own. At that point, we would have a fundamentally new device.

C’è anche gente che ritiene che l’iWatch sia inutile, un’idea stupida frutto dei soliti rumors, vedi Riccardo Mori. Io non sono d’accordo; lo considero un’alternativa più valida e meno invasiva del Project Glass di Google, oltre che qualcosa che può rimpiazzare i vari Fitbit.

Di concept che mostrano come potrebbe essere l’ipotetico smartwatch Apple ce ne sono stati molti, uno particolarmente elegante e ben riuscito, ma pochi approfonditi come l’articolo pubblicato da Bruce Tognazzini (ex-impiegato Apple, numero 66) che presenta quelle cose che dovrebbe essere in grado di fare ma che non ci aspettiamo (andando oltre al controllo della musica e lettura degli SMS), che poi saranno quelle cose che riusciranno a convincere anche gli incerti dell’utilità di un simile oggetto.

The watch can and should, for most of us, eliminate passcodes altogether on iPhones, and Macs and, if Apple’s smart, PCs: As long as my watch is in range, let me in!

Dalla recensione di The Verge del Pebble:

After using the Pebble for a few days, I realized that I was daydreaming about it: I wanted it to do more. That’s unusual — I rarely trust new products to work correctly, especially new products from unproven companies. But the Pebble’s charming simplicity and fundamental competence inspires confidence. It’s so good at what it does now that it’s easy to imagine all other things it might do in the future. There’s no reason it can’t replace a Fitbit or Nike Fuelband, for example, and I’d love to be able to send replies to emails and text directly from the device. And Pebble’s promised app support means we’ll eventually see even more uses for it.

Leggendola mi sembra che in realtà abbia svariati difetti che (potrebbero) compromettere significativamente l’uso, a partire dall’integrazione con iOS (singhiozzante, per colpa dei limiti imposti da Apple) e dalle promesse ancora da realizzare di cose che farà (tracking della corsa, etc.). Mi sembra che la conclusione più che positiva sia dovuta più che altro all’entusiasmo per gli “smartwatch” (entusiasmo che condivido), che verso Pebble.

Kontra immagina come sarebbe un dispositivo basato solo su Siri, una specie di iPhone Nano; o meglio: uno smartwatch.

Non è imminente, per ragioni tecniche: la necessità di avere una connessione alla rete sempre presente perché funzioni (non va dimenticato che Siri ha bisogno di internet, per elaborare le frasi) e svariati dati accessori (quelli che forniamo alle applicazioni e che l’iPhone raccoglie in background) che Siri può utilizzare grazie all’iPhone per rendersi più utile.

The best interface is no interface. Is about objects and tools that we interact with that no longer require elaborate or even minimal user interfaces to get things done. Like self-opening doors, it’s about giving form to objects so that their user interface is hidden in their user experience.

L’ipotetico smartwatch di Apple

Il successo del Pebble ha mostrato che c’è un mercato per un orologio che sia in grado di comunicare con l’iPhone. Un anno fa Bilton aveva scritto sul NY Times che Apple (come altre aziende) stava lavorando a un dispositivo di questo genere; quanto sia vero non lo so, ma credo che sia un buon compromesso fra un oggetto troppo invadente (almeno dal mio punto di vista) come i Google Glass e qualcosa che ci eviti di continuare a estrarre l’iPhone dalla tasca, permettendoci con meno distrazione di visualizzare notifiche, consultare il meteo, vedere chi ci sta chiamando, chi ci ha appena scritto l’email o qual’è il prossimo elemento nella To Do List. Un oggetto che non sostituisca l’iPhone — nessuno si metterà a scrivere un email dall’orologio — ma lo rimpiazzi in tutte quelle occasioni in cui l’iPhone ci serve solo per pochi secondi: per controllare se qualcuno ci ha scritto, a cosa sia dovuta l’ultima notifica.

Lennart Ziburski ha pubblicato il concept di uno smartwatch, come se lo immagina lui. Il risultato è meraviglioso, così come le idee dietro: Siri per l’input dei dati, il minimalismo delle “applicazioni” e il sistema di navigazione. Ziburski ne motiva l’esistenza così, in maniera simile a quanto scritto sopra:

A smartwatch can be so much more than a small iPhone on your wrist. It can filter the information overflow of today’s services, while getting you the information you need more conveniently. […] More often than not, we pull our smartphone out just to put it back into it’s pocket a few seconds later – we are just using it to check on notifications, fire a quick message or see if it’s going to rain soon. Whenever we do this, we disrupt what we are currently doing, or even disrupt the conversation we are having with our friends.

Guardandolo, e scuotendo la testa pensando che ne passerà di tempo prima che Apple faccia qualcosa di simile, mi sono tornati in mente i concept dell’iPhone prima che l’iPhone esistesse, quando l’iPhone era ancora una fantasia per geek. Erano un po’ come questo: rappresentavano qualcosa che difficilmente ci saremmo aspettati di vedere in vendita. Poi, nel 2007, l’iPhone ha superato tutti quei concept — quei concept, che parevano incredibili, che parevano irrealizzabili.