Ben Thompson suggerisce che l’Apple Watch — assieme alle fondamenta poste da iOS 8, con HealthKit e HomeKit — sia parte di una strategia per portare iOS in ogni ambito della nostra vita, e trasformarlo lasciandosi in parte dietro l’iPhone e gli smartphone:

And a new market is exactly where the iPhone is headed: Apple is on the verge of leaving the narrowly-defined smartphone market behind entirely, instead making a play to be involved in every aspect of its consumers’ lives. And, if the importance of an integrated experience matter more with your phone than your PC, because you use it more, how much more important is an integrated experience that touches every detail of your life?

In fact, if there is a flaw in this vision, it’s that even pulling an iPhone from your pocket is too cumbersome. What if you could interact with your home, your car, retail, the cloud, or even your own body with something even more personal and accessible?

Come ricorda Ben, solamente fino a un paio di anni fa la rete era inondata di discussioni su come — e se — iOS sarebbe riuscito a sopravvivere ad Android; Clayton Christensen (The Innovator’s Dilemma) ha sempre sostenuto che i primi prodotti di un’industria nascente — solitamente chiusi e estremamente controllati — vengono con il maturare del settore rimpiazzati da alternative più aperte e integrate. La tesi di Ben Thompson è che Apple abbia costruito un ecosistema aperto secondo certe regole, e stia funzionando:

From  the hardware perspective the iPhone is quite modular. Apple has 785 different suppliers, and while not all of them contribute to the iPhone, the vast majority do, making everything from screws to memory to camera lens assemblies. In fact, while I don’t know how many suppliers are in the Samsung supply chain, I’d wager it’s fewer than the iPhone’s, simply because Samsung itself is a component manufacturer. In other words, from a pure hardware perspective, it is Samsung that is more integrated than Apple. […]

Apple products have many modular components wrapped inside an integrated experience

Secondo Ben Thompson, Google potrebbe aver raggiunto l’apice del proprio successo. Nonostante sia ancora dominante in diversi settori (e lo resterà, come la ricerca), circa il 90% dei suoi profitti vengono tuttora dalla pubblicità che si trova sulle pagine dei risultati del suo motore di ricerca.

Google cattura $45 miliardi di un mercato che ne vale $550, e che sempre più si sta spostando online. La stessa pubblicità online sta cambiando — sia a causa degli smartphone sia a causa dei social network, entrambi settori in cui la posizione “dominante” di Google non è da dare per scontata.

Ne ha scritto Farhad Manjoo:

“The movement of brand advertising into digital will probably not be winner-take-all, like it was in search,” said Ari Paparo, a former advertising product director at Google who is now the chief executive of an ad technology company called Beeswax. “And if it were to be winner-takes-all, it’s much more likely to be Facebook that takes all than it would be Google.”

That spending, on projects like a self-driving car, Google Glass, fiber-optic lines in American cities and even space exploration, generates plenty of buzz for the company.

But the far-out projects remind Mr. Thompson of Microsoft, which has also invested heavily in research and development, and has seen little return on its investments.

“To me the Microsoft comparison can’t be more clear,” he said. “This is the price of being so successful — what you’re seeing is that when a company becomes dominant, its dominance precludes it from dominating the next thing. It’s almost like a natural law of business.”

Apple ha successo perché sono tutti tonti

Ben Thompson ha commentato gli incredibili risultati dell’ultimo trimestre fiscale di Apple. Per capire l’enormità basta pensare a questo: Apple ha perso più soldi a causa delle fluttuazioni di valuta che Google ne ha fatti in un trimestre. Un utile di 18,2 miliardi di dollari in un trimestre: un profitto di circa 8,3 milioni di dollari all’ora. Appunto, assurdo.

Eppure, per qualche ragione, è Apple che è sempre sull’orlo di fallire, il cui “impero” è sotto attacco, e che deve preoccuparsi e temere ogni tecnologia e azienda emergente. Ed è Apple, di nuovo, l’azienda che ha successo solo perché siamo tutti stupidi, imbevuti dal marketing e incapaci di scegliere le miriadi di alternative migliori e più a buon mercato che ci vengono offerte. Scegliamo Apple, e paghiamo di più, perché siamo tonti insomma: senza ricavarci nulla.

Il prezzo di Ben Thompson affronta anche questa accusa, spiegando cosa includa il prezzo “premium” dei prodotti Apple: da una rete (gli Apple Store) sempre pronta a fornire assistenza — da non sottovalutare —, a un’esperienza d’uso che, seppur limitante per un geek, va incontro all’utente comune.

Apple ha successo per il design: la lunga e ponderata progettazione e riflessione che sta dietro ogni singolo aspetto dei suoi prodotti (ed è per questo che il declino nella qualità del software è preoccupante).

The old hoary chestnut that “Apple only wins because its advertising tricks people into paying too much” was raised in my Twitter feed last night, and while the holders of such an opinion are implicitly saying others are stupid, my take runs in the opposite direction: it’s not that people are irrational, it’s that human rationality is about more than what can be reduced to a number. Delight is a real thing, as is annoyance; not feeling stupid is worth so much more than theoretical capability. Knowing there is someone you can ask for help is just as important as never needing help in the first place.

Apple spends an inordinate amount of time and resources on exactly these aspects of their products. Everything is considered, from the purchase to the unboxing to the way a webpage scrolls. Things are locked down and sandboxed, to the consternation of many geeks, but to the relief of someone who has long been conditioned to never install anything for fear of bad actors. Stores – with free support – are just a few miles away (at least in the US), a comfort blanket that you ideally never need. All of this is valuable, even though much of it is priceless, only glimpsed in an average selling price nearly triple the industry average.

A molti qua fuori interessa anche la velocità di un prodotto, la quantità di RAM e tutti i numeri che si riescono a inserire in un’affollata tabella, su carta. Le specifiche tecniche. Ma appunto: sono numeri, e dicono poco su come il prodotto funzionerà realmente, su come le varie parti si integreranno fra di loro.

Pochi comprano un prodotto in base a dei numeri. “Apple ha successo” non per qualche fattore irrazionale, ma per l’esperienza utente. Comprano tutti Apple non perché sono tonti, ma per la ragione opposta: per non sentirsi tonti, grazie a dei prodotti facili da usare — e un’assistenza clienti superiore a ogni altro produttore.