L’iPhone 5C non è un iPhone economico, che di fatto non esiste: è piuttosto (essendo internamente identico al 5) un modo per vendere l’iPhone dello scorso anno senza che appaia dello scorso anno, dandogli un aspetto plasticoso e colorato (che personalmente preferisco al 5S attuale). L’iPhone dorato invece esiste, ma facciamo finta di no. Assieme a quello, è bene dimenticarsi delle alquanto oscene custodie bucherellate per iPhone 5C.

Invece, per uno che parla spesso del Jawbone UP e device simili, la cosa più interessante del nuovo iPhone 5S è il “motion co-processor”, un processore staccato dal principale A7 che si occupa di raccogliere i dati dall’accelerometro, giroscopio, compasso senza consumare eccessivamente la batteria. Significa, come spiegano loro sul sito, che l’iPhone può automaticamente capire quando camminiamo e quando guidiamo (e fornirci indicazioni stradali adatte al caso), o ridurre i consumi di rete quando è statico da un po’.

Ma, soprattutto, significa che l’iPhone può di fatto essere un FitBit: applicazioni come Moves potranno essere utilizzate senza ritrovarsi a metà giornata con uno smartphone scarico. E siccome il problema di questi device per il quantified self è sempre stato — e tanto me ne sono lamentato — il software, ci si può aspettare che sull’App Store appiano applicazioni che non si limiteranno a raccogliere i dati, ma ad analizzarli e utilizzarli in maniera innovativa e interessante. Più concorrenza e offerta, essendo da adesso una questione solo di software. Il terreno di gioco non è più l’hardware, ma quanto bene il software sfrutterà i dati.

Il vantaggio non è tanto l’avere un pezzo di hardware in meno da portare con sé; affidare quei dati all’iPhone comporta anche una maggiore libertà su che uso farne (a chi affidarli), la possibilità di utilizzarli contemporaneamente con più servizi e integrarli con le altre fonti d’informazione a cui l’iPhone può attingere (GPS, ad esempio).