Peter Bregman spiega su Harvard Business Review che il punto di forza dell’iPad – quello di essere sempre a pronto all’uso, di essere facilmente trasportabile con sé ovunque si vada e di accendersi in pochi secondi – si è rivelato, nel suo caso, essere anche il punto debole dell’oggetto:

Le migliori idee mi vengono in mente quanto non sono produttivo. Quando sto correndo ma non sto ascoltando il mio iPod. Quando sono seduto, non sto facendo niente, sto magari aspettando che arrivi qualcuno. Quando sono sdraiato nel mio letto e vago con la mente prima di addormentarmi. Questi momenti “sprecati”, momenti non riempiti da nulla in particolare, sono vitali.

L’iPad lo faceva sentire produttivo al massimo. In ogni istante, stava producendo o consumando qualcosa. Un film, un articolo, un libro. Ma lo privava anche di quei fondamentali momenti “vuoti”. Lo privava della noia. Perdere quei momenti, rimpiazzarli con attività, è un errore – spiega Peter.

Condivido l’intera questione. Mi rendo conto oramai, purtroppo, di estrarre repentinamente l’iPad o l’iPhone, quando mi capita di fare un lungo viaggio in treno o di attendere semplicemente qualcosa. Quando invece è così bello, restarsene con le mani in mano a riflettere. Certo è condivisibile l’invito di suo fratello: “Questo non è un problema dell’iPad, è un problema solo tuo. Semplicemente non usarlo così tanto.” Certo è anche difficile metterlo in pratica, essendo l’iPad così immediato da usare.