Su Internet nessuno sa che sei un cane. E’ la frase riportata in calce ad una vecchia vignetta del New Yorker, una delle più famose. L’abbiamo già vista tutti, almeno una volta, perché nel tempo è diventata celebre. Forse perché riesce a spiegare, rapidamente e in maniera divertente, l’anonimato online. La rete lo ha da sempre incoraggiato, permettendo alle persone di iscriversi a servizi con un nome fittizio e consentendo di intervenire all’interno di discussioni in forma del tutto anonima.

“Nessuno usa più il suo nome reale”, è un’altra delle frasi che si sentono spesso dire in giro. Ma la tendenza forse, almeno in questi ultimi anni, sta cambiando. Se c’è una cosa per cui ringraziare facebook, e di recente anche Google+, è la spinta a richiedere ai loro utenti di registrarsi ai servizi fornendo la loro reale identità. Del resto, come nota Derek Poawzek, che di recente si è interessato alla questione:

“Internet non è più la nostra seconda vita, è la prima. Non mi nascondo dietro uno pseudonimo quando uso il telefono, perché mai dovrei fingere di essere un altro online?”

Con il passare degli anni uso sempre meno il nickname e sempre più spesso il mio nome reale. Quello che è importante, comunque, indipendentemente da quale dei due scelga, è che a ciascuno di essi è riconducibile, attraverso un sito reperibile con una rapida ricerca in rete, un volto, una persona, un individuo ben definito che si prende la responsabilità di quello che scrive e dice.

L’anonimato, spesso difeso e glorificato, nel 99% dei casi non porta alcun vantaggio alla discussione in corso ma reca solo disturbo. C’è una teoria – quella del Grande coglione online– che spiega meglio l’effetto che si ottiene dando indiscriminatamente l’anonimato alle persone:

“Gli studi sociali hanno dimostrato che quando le persone sanno che le loro identità sono segrete (sia online che offline) si comportano assai peggio. […] Se dai a una persona normale l’anonimato e un pubblico, dice la teoria, la trasformi in un coglione totale. Le prove si possono trovare nei commenti di YouTube, nelle partite multiplayer di Xbox e in coda a quasi ogni articolo di politica sul web.”

Ho pensato spesso di rimuovere la possibilità di commentare in forma anonima su questo blog e sui vari spazi che gestisco. Se ancora non l’ho fatto, è solamente per pigrizia.