Microsoft, vista da dentro
Joshua Topolsky ha fatto un giro dentro gli edifici che compongono il “Microsoft Research”, a Redmond. L’unico posto al mondo dove fanno la coda per uno Zune — non sto scherzando.
Joshua Topolsky ha fatto un giro dentro gli edifici che compongono il “Microsoft Research”, a Redmond. L’unico posto al mondo dove fanno la coda per uno Zune — non sto scherzando.
BusinessWeek ha un lungo profilo sulla figura di Steve Ballmer, che emerge come un leader stimato, in grado di riconoscere i propri errori, con tanta voglia di migliorare ed adattarsi ai cambiamenti — nonostante la lentezza che Microsoft ha dimostrato in molte situazioni. Ma, nel 2012, dice lui, molte cose cambieranno e Microsoft si farà sentire in quei settori in cui è accusata di essere rimasta indietro:
“Sono [Microsoft] diventati quasi irrilevanti”, ha detto Jobs al suo biografo. Ha poi proseguito spiegando come venditori quali Ballmer e il vecchio CEO di Apple John Sculley tendano a rovinare le aziende focalizzate sui prodotti. “Apple è stata fortunata e si è ripresa”, ha detto Jobs a Isaacson. “Ma non credo che nulla cambierà alla Microsoft fino a quando sarà Ballmer a condurla”.
Ballmer è determinato a dimostrare ai suoi detrattori che si sbagliano. “Abbiamo così tante cose che stiamo facendo, che vi faranno esclamare ‘Aha!'”, dice Ballmer. Nel 2012, ha detto “avremo un momento di reset”.
Dobbiamo rivalutarlo? L’intervista sicuramente fa guadagnare dei punti all’uomo — vedremo quindi che succederà nei prossimi mesi. Che abbiano pure inizio le danze. No, non quelle danze. Quando mai l’ho detto: fermatelo.
“Siamo nell’era di Windows – ci eravamo dentro, lo siamo ora e ci saremo sempre.”
Ballmer (lui, sempre lui) continua imperterrito con la sua strategia di protezione esasperata e disastrosa di Windows – poco importa se va contro l’evoluzione che il settore sta subendo – rispondendo in questo modo alla domanda di un’azionista: “siamo entrati nell’era post-PC?”
Per Ballmer, evidentemente, no. Né mai ci entreremo.
Lo vado a ripetere da quando è stato presentato: il Lumia 800, il cellulare nato dalla partnership fra Microsoft e Nokia, sembra essere davvero un ottimo device. Un’ondata di aria fresca in un mercato dominato, essenzialmente, dall’iPhone. Ne sono davvero intrigato. Come forse ricorderete, avevo scritto questa cosa:
Per la prima volta provo interesse per uno smartphone che non sia l’iPhone. Finalmente, esiste un concorrente dell’iPhone che non mi dispiacerebbe provare.
Dopo la recensione di David Pogue, positiva, ne iniziano ad arrivare altre. Microsoft dimostra di aver capito molto con questo dispositivo, più di quanto Google non abbia imparato in tutto questo tempo con Android. Nella recensione di The Next Web – intitolata “Il primo device che potrebbe riuscire a farmi rinunciare all’iPhone” – viene spiegato come il Lumia 800 riesca a gestire perfettamente le gesture multi-touch.
Uno dei difetti di Android, e più in generale dei concorrenti di iOS, è sempre stato quello di offrire delle gesture multi-touch non fluide e reattive come l’iPhone era ed è in grado di fare. E una delle scuse per questa carenza sono sempre state “le specifiche tecniche inferiori” o una “diversa tipologia di schermo”.
Salta fuori che il Lumia 800, con specifiche tecniche modeste, riesce a gestire le gesture multi-touch bene tanto quanto l’iPhone. Come tutti ipotizzavamo non era una questione né di CPU né di RAM, ma di software. Che se è scritto male, gestisce male le cose.
La velocità è una delle più grandi insidie che si abbattono sui sistemi operativi dei rivali di Apple. Volta dopo volta, il touch finisce con l’essere la ragione principale per cui iOS risulta migliore. All’inizio, hanno usato come scusa le specifiche tecniche o le diverse tipologie di schermi. Ma ora che i telefoni hanno tutti un processore dual-core, una GPU impressionane e una tecnologia multi touch che è potenzialmente buona tanto quanto quella che Apple utilizza, la storia è abbastanza diversa.
Non c’è semplicemente nessuna scusa per nessun device per non riuscire ad offrire una navigazione fluida. Punto. Mi fa impazzire che molti device Android ancora falliscano questo semplice test, drammaticamente. Il Lumia 800 è una bestia differente. Con i suoi 1.4GHz di CPU, lo scroll e lo zoom (due gesture multi-touch) è essenzialmente perfetto.
Microsoft, proprio lei, meglio di altri, ha capito che non conta quanto è potente un computer, ma come sfrutta questa potenza. Ovvero come funziona un oggetto, qual’è la sua esperienza d’uso, e non cos’ha all’interno.
La storia raccontata da CNET su come Microsoft avrebbe ucciso il Courier – un tablet che aveva tutte le potenzialità per dare del filo da torcere all’iPad – è abbastanza esplicativa di quelli che sono i problemi di Microsoft attualmente.
Un primo è Ballmer, che non seppe vedere le potenzialità dell’oggetto ma pensando solo al lato business decise – con l’appoggio di Bill Gates – di eliminarlo. Lo sviluppo del Courier venne sospeso anche perché era un prodotto che non rientrava né nella categoria di Windows né in quella di Office, dice una fonte interna all’azienda. E siccome Windows e Office rappresentano il core business di Microsoft, i due prodotti su cui bisogna concentrare le energie, il Courier non venne ritenuto che un’inutile distrazione.
Un secondo, collegato al primo, è l’incapacità di lasciarsi alle spalle Windows e la volontà, sempre dettata da ragioni economiche, di adottare Windows anche in situazioni in cui una soluzione alternativa sarebbe migliore. La volontà, in altre parole, di prolungare la durata dell’era PC a discapito di quella ‘post-PC’. Era, la prima, in cui Microsoft ha una posizione dominante e che dunque ha tutto l’interesse a tenere in vita.
Apple non si è fatta problemi a lanciare l’iPad, un prodotto che erode il mercato dei computer, rivoluziona il settore e potrebbe, in futuro, togliere potenziali utenti al Macintosh. Potrebbe, in un futuro, cambiare radicalmente lo stato delle cose. Microsoft ha preferito uccidere un prodotto innovativo per difendere Windows.
Se devo dirlo, è un vero peccato. Perché il Courier non solo è stato interrotto ad una fase avanzata di sviluppo – non era semplicemente un’idea ma già un prototipo quando venne cancellato – ma aveva anche tutte le carte in regola per diventare qualcosa di interessante. In un periodo in cui siamo abituati a vedere cloni di iPad ovunque, annoiati da una concorrenza monotona e piatta incapace di portare nuova linfa nel settore, il Courier avrebbe potuto rappresentare un degno concorrente dell’iPad ma, soprattutto, qualcosa di diverso.
Lo dico, avrebbe potuto avere successo. Proprio perché non era l’iPad, ma altro. L’iPad, l’abbiamo detto tante volte, è un oggetto dedicato al consumo di contenuti. E siccome i tablet nati dopo l’iPad non fanno che imitare le caratteristiche dell’iPad, attualmente non esistono in commercio che tablet dedicati al consumo di contenuti. Il Courier, invece, era un oggetto focalizzato sulla creazione di contenuti. Era pensato come un set di strumenti creativi con i quali gli architetti potessero iniziare a buttar giù i loro progetti, o gli autori a scrivere i documenti.
Il Courier era stato immaginato come uno strumento per creare, non per consumare. E forse è per questo che una delle persone che ci lavorava disse, riguardo all’iPad: ‘Non ne eravamo spaventati, stavamo facendo qualcosa di diverso’. Aveva ragione. Non era di Apple che avrebbero dovuto preoccuparsi, ma di Microsoft stessa.
La nuova pubblicità di Siri è bellissima. Apprezzo molto questi nuovi spot Apple, esattamente come apprezzavo quelli dell’iPad 2. Sono un po’ simili, secondo me, nello stile e nel modo di pubblicizzare il prodotto.
Anche il nuovo spot Microsoft del Kinect, è abbastanza analogo a quelli sopra menzionati. La differenza fondamentale, però, è che mentre il primo pubblicizza qualcosa che attualmente esiste, il secondo è, per ora, solo una promessa per il futuro.
Una promessa, non c’è che dire, molto affascinante: speriamo non la deludano
La recensione sul New York Times di David Pogue del Windows Phone 7.5: anche a lui, come a me, è piaciuto.
Windows Phone 7.5 è magnifico, di classe, soddisfacente, veloce e coerente. Il design è intelligente, pulito e minimalista. Nemmeno in un milione di anni avrei indovinato che viene dalla stessa azienda che ha messo in piedi quel casino che è Windows e Office.
A Redmond hanno finalmente spento le fotocopiatrici: le hanno donate, a quanto pare, a Mountain View.
C’è una cosa su Windows che può essere in parte paragonata alla faccina del Finder sempre presente su Mac. Non solo perché anche quella è onnipresente ma soprattutto perché, come il nostro sorridente Finder, è col tempo divenuta il simbolo chiave di Windows, ciò che meglio lo raffigura.
Ma i tempi cambiano, Windows 8 sta per arrivare (beh, fra un anno) e Metro non è la sola cosa rivoluzionaria dell’OS: il Blue Screen of Death è cambiato.
Ieri Microsoft ha presentato Windows 8 e di quest’ultimo in particolar modo Metro, ovvero la nuova interfaccia grafica sviluppata e pensata soprattutto per l’ambiente dei tablet. Metro non è una novità vera e propria: è la stessa interfaccia grafica che utilizza Windows Phone 7, adattata però ad un ambiente più grande e complesso come quello dei tablet.
Metro è molto bella e bisogna riconoscere a Microsoft di aver fatto le cose per bene ma, soprattutto, di aver fatto qualcosa di originale: Metro non ricorda né iOS né nient’altro in circolazione, ma è una UI che si distingue, mai vista prima e, non meno importante, molto gradevole.
Le mie perplessità su Winows 8 dunque non riguardano Metro, riguardano piuttosto – ve le ho già espresse mesi fa, se ricordate – il modo di gestire il nuovo Metro ed il classico Windows. Perché se leggendo fin qua avete capito che Metro sostituirà il classico Windows avete capito male. Perché Metro e Windows conviveranno. Perché Windows 8 sarà questo: un OS a strati. Su uno strato ci sarà Metro, sull’altro Windows. Così che gli effetti ottenuti sono due:
Fra Metro e Windows c’è la stessa somiglianza che può esserci fra iOS e Mac OS X: ben poca, insomma. Metro, come iOS, è pensato per dispositivi Touch, e solo a questi dunque dovrebbe venire limitato. Almeno questo è il mio pensiero e anche quello di Apple che ha tracciato una linea di demarcazione ben chiara fra iOS e Mac OS X. Non è al contrario l’idea di Microsoft, che invece distribuirà un OS unico sotto cui rientreranno entrambi, la nuova UI e quella classica.
Immaginatevi di utilizzare l’interfaccia di iOS con un mouse: sembra strano, no? E ora immaginatevi di utilizzare Mac OS X su un tablet: ancora più strano, eh?
Lascia ancora più perplessi il dispositivo su cui Windows 8 è stato installato per permettere alla stampa di testarlo. Si tratta di un tablet Intel Core i5 della Samsung. Un tablet dotato di ventole: più che un tablet, un latop senza tastiera e mouse. Quello che viene da chiedersi è come si comporterebbe il medesimo OS con un hardware come quello dell’iPad.
Comunque queste domande, ed altre, e anche le varie supposizioni che molti giornalisti stanno facendo, e le dichiarazioni di molti altri che danno l’iPad per spacciato e insomma, tutto questo ed altro: ne riparleremo quando Windows 8 esisterà davvero. Perché stiamo paragonando l’iPad, ovvero un prodotto che esiste, vende e funziona bene oggi, con Windows 8, un prodotto che ancora non esiste, promette di funzionare e che i giornalisti ipotizzano avrà successo nel domani.
Perché stiamo parlando di qualcosa che ancora non c’è e che per un bel po’ non vedremo nei negozi: Windows 8 non arriverà che fra un anno. Un anno è tanto. Anche in questo, sono diversi da Apple. Apple non vi avrebbe mai mostrato un prodotto con un anno di anticipo.
Microsoft presenta ai futuri utenti di Windows 8 la nuova versione di Windows Explorer – l’equivalente del Finder, per noi che usiamo il Mac. Visto il risultato ottenuto – è il caso di dirlo: un disastro – il titolo del post con cui lo introducono, “Improvements in Windows Explorer“, è alquanto ilare.
Meglio riaccendano, e alla svelta, le fotocopiatrici.
Il problema di Microsoft è manageriale: sta diventando un mantra. E’, nello specifico, Steve Ballmer, il cui operato non è da troppo tempo messo in discussione. E’ arrivato il momento che se ne vada, scrivevo una decina di giorni fa.
E forse l’era post-Ballmer non è poi così lontana. Ieri il Financial Times raccontava che il presidente di Greenlight Capital, un fondo del valore di cinque miliardi di dollari, ha chiesto a Microsoft di licenziare Steve Ballmer.
“La sua continua presenza è la più grande minaccia per le azioni Microsoft”, ha detto ad una conferenza tenutasi Mercoledì scorso a New York.
Microsoft si è rifiutata di commentare.
Microsoft dovrebbe cambiare il proprio CEO, e dovrebbe farlo ora. Ci sono diversi fattori, tutti validi, per cui Ballmer dovrebbe smettere di occupare la posizione che troppo a lungo, e senza una evidente ragione visti i pessimi risultati, ha occupato.
Ballmer non è stato in grado di prendere decisioni valide, lo dimostra la recente acquisizione di Skype, tecnologia che Microsoft avrebbe potuto sviluppare in casa e che anzi, aveva già sviluppato in casa sotto diverse forme e nomi.
Ha una totale incapacità di capire quale sarà il futuro dei computer, lo dimostrano le numerose uscite riguardo all’iPhone, all’iPad e all’iPod:
There’s no chance that the iPhone is going to get any significant market share. No chance,” said Ballmer. “It’s a $500 subsidized item. They may make a lot of money. But if you actually take a look at the 1.3 billion phones that get sold, I’d prefer to have our software in 60% or 70% or 80% of them, than I would to have 2% or 3%, which is what Apple might get.” (*)
Per concludere, sembra anche c’entrare poco con la tecnologia: Microsoft ha bisogno di qualcuno che somigli di più a Steve Jobs, si focalizzi sull’innovazione e non sull’osservare le mosse delle altre aziende per copiarle (in ogni campo, anche retail) e soprattutto abbia una vera passione per quello che fa. Qualità che a Ballmer mancano, tutte quante.
Lo avevamo detto un mese fa: il problema di Microsoft è manageriale. Ripetiamolo e speriamo che lo capiscano, prima che sia troppo tardi.
L’impressione generale che più o meno tutti abbiamo avuto, guardando lo Xoom, il PlayBook o altri tablet che dovrebbero fare da concorrenti all’iPad, è che siano un primo tentativo delle aziende che li producono di realizzare un tablet ma che a questi manchino molte funzioni e che molte di quelle presenti non vadano poi tanto bene. Ciò probabilmente è dovuto alla fretta di rilasciare sul mercato un’alternativa all’iPad, ed infatti le medesime aziende hanno più volte ricordato che miglioreranno i propri tablet col passare del tempo attraverso updates che correggeranno eventuali errori e abiliteranno cose nuove.
La scorsa settimana Apple ha rilasciato un aggiornamento di iOS, aggiornamento che ha risolto e chiuso definitivamente il Location Gate correggendo il bug che aveva sollevato tanto clamore presso la stampa. Apple, come si può notare, è stata molto efficiente: gli ci sono volute solo due settimane per correggere il bug e rilasciare un aggiornamento che fosse usufruibile da tutti gli utenti dei suoi dispositivi. Il sistema si è dimostrato efficiente soprattutto perché è centralizzato: Apple sa di quali device deve prendersi cura e rilascia degli update mirati a migliorarli. L’utente, inoltre, sa che collegando il proprio iPhone al computer potrà gestire ogni aspetto del device, ed eventualmente aggiornarlo.
If you’re serious about software, you should make your own hardware. (Steve Jobs)
Google, al contrario, non è riuscita a fare altrettanto: è probabile che passeranno dei mesi prima che un aggiornamento per Android veda la luce ed è ancor più probabile che quando questo verrà rilasciato gli utenti non avranno un modo standardizzato e chiaro per accorgersene. Il problema può essere sia di Google che non è stata in grado di fornire un “centro” da cui gestire il proprio telefono ma è anche congeniale ad Android stesso, che frammentandosi su più dispositivi ne rende molto difficile la realizzazione.
Ma tornando ai tablet, Jonas Wisser scriveva l’altro giorno, riguardo ad Android che “non c’è coerenza nell’esperienza e non c’è nemmeno coerenza nel ciclo degli aggiornamenti.” Se questo può in parte venire tollerato nel mercato degli smartphone – perché prima del lancio dell’iPhone nessuno era abituato a ricevere aggiornamenti al proprio telefono – lo è di meno in quello dei tablet, dove la gente se li aspetta. Justin Williams, un programmatore di iOS, ha un suggerimento per le aziende che vogliono sconfiggere l’iPad:
Per riuscire a scalfire la posizione dominante di Apple Google, Microsoft, Blackberry e HP devono concentrarsi meno sulle specifiche tecniche o sull’apertura della loro piattaforma e di più sul riuscire a fornire ai propri utenti degli update regolari dell’OS che stanno utilizzano. Le specifiche tecniche sono come il porno per i blog tecnici, ma il software e una grande disponibilità di applicazioni è ciò che fa vendere i tablet.
I punti chiave, in quest’ottica, secondo me sono tre.
Il primo è quello della centralizzazione, del riuscire a realizzare un centro di controllo dal quale gestire ed organizzare l’OS, e tutto questo discorso può essere riassunto e riportato al solito discorso, che oramai vi sarà venuto a noia, ovvero alla costruzione di un ecosistema che ruoti attorno al prodotto.
Il secondo è relativo alla cultura delle aziende che si sono immesse nel mercato, è relativo a Microsoft, BlackBerry e HP e al modo in cui fino a ieri hanno operato. Queste pare che abbiano a cuore solamente i “possibili acquirenti” dei loro prodotti: una volta che i prodotti li hanno venduti abbandonano quelli che sono così diventati “i loro utenti” a se stessi, fornendogli un’assistenza scarsa e pochissimi servizi. Apple al contrario continua a fornire costanti update e a investire sui suoi utenti. Queste aziende, dunque, devono imparare a “viziare” i loro utenti, a fornirgli assistenza e dei servizi validi anche se i soldi li hanno già presi.
Il terzo riguarda gli “evangelist” di Android, che sembrano non aver capito come funzionano i nuovi device, sia l’iPhone che l’iPad. Non hanno ancora capito che alla gente, quella comune, quella che alla fine le cose le compra e spende i soldi, non gliene frega nulla della (supposta) apertura del loro OS. Quel che gli interessa è che l’OS funzioni, e bene. Che poi questo abbia un’entrata USB o altri gingilli tecnici, che abbia tutte quelle cose che tanto li fanno eccitare o che sia aperto beh, che si rassegnino: sono cose che non interessano e che sicuramente non guidano le vendite.