Matteo Scurati si è occupato, per Bookrepublic e librerie.coop, all’interno del Supermercato del futuro di Expo, della creazione di un concetto di libreria che vada oltre, e riunisca, la dicotomia digitale e cartaceo, l’idea che la scelta sia o l’uno o l’altro formato. Ne ha scritto su Medium:

Entrare in una libreria fisica per acquistare un libro cartaceo ottenendo immediatamente la copia digitale, dovrebbe essere la norma. Ed è la norma solo se pensiamo che l’editore vende contenuti, aldilà della forma su cui il lettore vorrà usufruirne.

Se riportiamo il lettore all’interno delle librerie e se lo facciamo con la promessa che è la sua voglia di leggere al centro dell’esperienza (e non la mia voglia di pensare che il mercato andrà in un certo modo), avremo fatto un primo passo decisivo.

Anche la recentemente riaperta e ristrutturata libreria Rizzoli in Galleria a Milano è basata su idee simili — come racconta Enrico Sola:

Il fine è stato quello di trasformare la normale libreria in uno spazio di animazione della lettura. A differenza del classico sito di e-commerce di libri che lavora molto sulla comfort zone, ovvero su cose che si avvicinano al già conosciuto, noi abbiamo voluto lavorare su due parole chiave: serendipity, quindi l’incontro con cose inattese e di qualità, e discovery, ovvero la scoperta di qualcosa che non è di tua conoscenza. Questi concetti si concretizzano sul layout dei tre piani della libreria, nell’alternarsi dei temi e delle sezioni che permettono di ibridare gli interessi e vedere cose che online non vedresti. E poi ovviamente nel lavoro di assistenza del team di librai.

La libreria si occupa insomma di vendere un contenuto, che verrà poi usufruito dove (e come) il lettore meglio crede. Acquistando un libro di carta si ha anche accesso all’ebook, che può essere letto via web (similmente a un esperimento di Penguin, che mette il browser al centro della lettura) o su un e-reader. L’esperienza di lettura stessa diventa quindi fluida, e può essere portata avanti su più device: di sera, a casa, sul cartaceo; la mattina, in metropolitana, sullo smartphone via browser; in altre situazioni su un e-reader.

Mettendo il contenuto al centro, invece dell’oggetto libro, è possibile sia ridare una funzione alle librerie (non minacciate dal futuro dei libri di carta perché non legate solamente alla carta) sia, come scrive Matteo, ripensare l’edizione digitale, che ad oggi è stata molto influenzata dal cartaceo. Così evitando, ad esempio, soluzioni skeumorfiche (l’effetto delle pagine che frusciano).

Uno dei problemi nel creare un’interfaccia digitale — di qualsiasi tipo, che si tratti di un calendario, una rubrica o un libro — è, come scriveva Matt Gemmel, l’avere come riferimento la controparte analogica, che solo poiché è venuta prima si impone sul digitale. Un’interfaccia skeumorfica — e una libreria che consideri il libro solamente come un oggetto fisico, di carta —rappresenta un fallimento di visione, o peggio, scrive Gemmel, “di capitalizzazione del nuovo medium“; un’opportunità persa:

We forget that physical objects are also just specific embodiments – or presentations – of their content and function. A paperback book and an ebook file are two embodiments of the text they each contain; the ebook isn’t descended from the paperback. They’re siblings, from different media spheres, one of which happens to have been invented more recently. The biggest intellectual stumbling-block we’re facing is the fallacy that just because physical embodiments came first, they’re also somehow canonical. The publishing industry is choking itself to death with that assumption, despite readily available examples of innovative, digitally-native approaches.

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