Ricopio un passaggio di Divertirsi da morire, saggio di Neil Postman del 1985 (sulla televisione), che torna attuale per essere un po’ più critici, meno passivi, nei confronti dei Google Glass (che nessuno ci impone):

La coscienza pubblica non ha ancora assimilato il fatto che la tecnica è un’ideologia. E ciò nonostante che la tecnica abbia inalterato ogni aspetto della nostra vita negli ultimi ottant’anni. Per esempio, è più che scusabile che nel 1905 si fosse impreparati ai mutamente culturali che sarebbero stati prodotti dall’automobile. Chi avrebbe immaginato che l’automobile ci avrebbe detto come cambiare la nostra vita sociale e sessuale? Come orientare diversamente le nostre idee su che cosa fare per le foreste e le città? Come creare nuovi modi di esprimere la nostra identità e il nostro rango sociale?

Ma ora che ci siamo inoltrati di un bel pezzo per quella strada, l’ignoranza non è più scusabile. Non voler capire che la tecnica provoca dei cambiamenti sociali, continuare a sostenere che è neutrale, illudersi che sia sempre amica della cultura, è stupidità pure e semplice. Ne abbiamo ormai visto abbastanza per sapere che i cambiamenti tecnologici nei nostri modi di comunicazione sono ancora più carichi di ideologia che i cambiamenti dei nostri mezzi di trasporto. Introducete l’alfabeto in una cultura e cambierete le sue abitudini cognitive, le sue relazioni sociali, le sue nozioni di comunità, di storia, di religione. Introducete la stampa a caratteri mobili e otterrete lo stesso risultato. Introducete la trasmissione delle immagini alla velocità della luce e produrrete una rivoluzione culturale. Senza voto. Senza polemiche. Senza guerriglia. Questa è ideologia pure. Ideologia senza parole, anzi più potente ancora. A tenerla in piedi, basta che la gente creda ciecamente nell’inevitabilità del progresso. In questo senso siamo tutto marxisti, perchè crediamo che la storia ci conduca a un paradiso preordinato e che la tecnica sia la forza che spinge in questa direzione.